Provincia: Pordenone

C.A.P.: 33078

Distanza da Pordenone: 20 km

Superficie: 60.71 km2

Altitudine: 30 mt. SLM

Prefisso telefonico: 0434

Popolazione: 15.065 abitanti (31/12/2012)

 

Note Storiche
San Vito è un centro del Friuli occidentale, situato in una fertile zona della pianura, sulla destra del fiume Tagliamento. Il territorio un tempo era coperto da fitte boscaglie: a ovest era caratterizzato da zone umide; a est il greto del Tagliamento e i suoi rami abbandonati, ricchi di depositi di ghiaie, conferivano un aspetto più arido. Acque, ghiaie, boschi, paludi hanno lasciato numerose tracce nei toponimi, come Fontanis, Fontanasso, Pissarelle, Boscat, Magredo, Selvata, Melmose e Gleris. Tipiche della foresta temperata erano anche le specie animali, dalla lontra di fiume agli sparvieri, dal tasso al cinghiale, dal cervo ai lupi.

Dalla Preistoria al Periodo Romano
Sin dall’antichità l’uomo trovò in questi territori un ambiente adatto all’insediamento. Si conoscono localizzazioni di vari insediamenti preistorici a ovest dell’attuale centro che risalgono al mesolitico e molti altri al neolitico. Fra il terzo e il secondo millennio a.C., oltre alle selci, compaiono ceramiche e si hanno testimonianze di attività agricole. Gli scavi nel 1973 hanno riportato alla luce i resti di un’antica necropoli, con recupero di una trentina di urne cinerarie. Anche l’epoca romana, che quasi sicuramente si sovrappose ad un substrato celtico – venetico, ha lasciato numerose testimonianze della sua presenza. I Longobardi, arrivati in Friuli nel 568 d.C., hanno lasciato nei dintorni segni della loro presenza.
Le origini dell’attuale centro
Risale probabilmente a un diploma dell’Imperatore Ottone II che donò al patriarca Rodoaldo (963 – 983) due “corti”, ovvero luoghi fortificati con territorio circostante. La denominazione della cittadina andrebbe ricercata nel culto che le popolazioni di Sassonia tributavano al Santo, che doveva essere invocato come soccorritore nell’attraversamento dei guadi. Alcuni storici non escludono però la derivazione da un originario Vic (da vicus, villaggio) divenuto Vit e poi S.Vit per ricostruzione religiosa.

San Vito Medievale
San Vito esisteva nel XII secolo e la sua storia medioevale e moderna è legata strettamente a quella del Patriarcato di Aquileia. Furono i Patriarchi, che detenevano il potere temporale, oltre che spirituale, ad ampliare e rinforzare il castello. Alla fine del XIII secolo San Vito conobbe un periodo di espansione. Si ebbe una immigrazione di toscani per fini commerciali e di lombardi per ragioni politiche. Questi ultimi seguirono il nuovo patriarca, Raimondo della Torre di Como. Venne restaurato il palazzo patriarcale e furono costruite le torri Raimonda e Scaramuccia. Nel 1341 venne istituito il mercato settimanale alla domenica; agli inizi del 1500 fu portato all’interno delle mura e spostato al venerdì (come oggi). Nel 1420 Venezia, espandendosi in terraferma, conquistò anche la Patria del Friuli. Nel 1445 il Patriarca riconobbe la legittimità della conquista veneziana e in cambio riottenne un limitato potere temporale su San Vito. La Comunità vide riconosciuti dalla Repubblica i suoi statuti, si costruirono opere pubbliche e private e affluì nuova popolazione.
Sviluppo artistico e urbano
Col passaggio nell’orbita veneta si dischiuse dal mondo gotico friulano a quello rinascimentale italiano. Sorsero il campanile (1484), la loggia comunale, la chiesa di San Lorenzo (1479), palazzo Rota e la chiesa dei Battuti (1493). Tra gli artisti vanno citati i pittori Andrea Bellunello e Pomponio Amalteo e lo scultore Pilacorte. Nella prima metà del ‘500 il centro prese la fisionomia che mantiene tuttora: fu ampliato e allargato il fossato, con la costruzione della torre Grimana e del torrione sud-est. La piazza venne ampliata e assunse la struttura attuale. Alle ricorrenti carestie si aggiunsero altri fatti funesti, come le incursioni dei turchi (1477 e 1499), che saccheggiarono il territorio ma non osarono attaccare il castello di San Vito. Dalla metà del 1500 e per oltre due secoli nel centro tenne il banco dei pegni una comunità di ebrei, che ebbe tra l’altro un suo cimitero.

Dalla fine del ‘500 alla caduta della Repubblica di S.Marco
Il secolo XVIII° ha lasciato molti edifici pubblici, privati e di culto, come il Monastero della Visitazione (1710), il nuovo Duomo (1751). Nell’ultimo periodo veneto San Vito conobbe un certo sviluppo. Il centro contava circa 3mila abitanti (il terzo del Friuli, dopo Udine e Cividale), più 8mila villici della giurisdizione. La nobiltà e la borghesia commerciale veneta impressero al centro anche una nuova caratteristica linguistica, mentre le popolazioni rurali e artigiane delle frazioni e dei sobborghi rimasero fondamentalmente friulanofone.

Il Risorgimento e l’Unità d’Italia
Nel 1848 i moti che scossero tutta l’Europa furono presenti anche a San Vito. I principi di indipendenza nazionale e di libertà si sommarono al desiderio di riscatto del popolo. Nel 1860 un cittadino sanvitese, Pietro Cristofoli, si unì con altri 25 friulani a Garibaldi, partecipando all’impresa dei Mille. San Vito, che in Friuli come numero di abitanti era seconda solo a Udine, fu congiunta all’Italia nel 1866. Nei decenni seguenti rimase un grosso centro agricolo, in mano a una aristocrazia conservatrice, per cui perse gradualmente importanza, soprattutto nei confronti di Pordenone, che si andava rapidamente industrializzando. Il centro fu collegato con le linee ferroviarie di Portogruaro – Casarsa (1888) e San Vito – Motta di Livenza (1913), le attività industriali facevano capo alla filanda Piva e allo zuccherificio della Società Ligure-Lombarda.

La Grande guerra
La prima guerra mondiale ebbe gravissime conseguenze nella zona. Il centro, situato sulle retrovie del fronte, ospitò un ospedale militare. Con la ritirata di Caporetto i nobili e buona parte dei ricchi si ritirarono oltre il Piave, mentre i contadini rimasero qui. Anche le poche attività industriali andarono danneggiate o distrutte. L’amministrazione comunale in esilio si insediò provvisoriamente a Firenze. Fra le varie conseguenze del regime fascista, va citata l’abolizione, dal 1927, del Consiglio comunale, che rappresentava un vanto della comunità sanvitese da oltre sette secoli.

Dal Fascismo alla Resistenza
San Vito continuò a reggersi su una economia agricola tradizionale e rimase ai margini dello sviluppo. La politica fascista si consolidò con la propaganda e condusse alfine all’entrata in guerra. Al momento delle scelte, dopo l’8 settembre 1943, la maggioranza dei giovani e della popolazione sostenne l’antifascismo, nonostante la dura occupazione tedesca. San Vito venne liberata il 30 aprile 1945, dopo due giorni di combattimenti tra partigiani e tedeschi.

Il dopoguerra
Negli anni cinquanta si videro gli effetti dell’emigrazione con un movimento di 250 persone l’anno e diminuì negli anni ’60. I lavoratori attivi nell’industria,trovavano prevalentemente occupazione fuori dal comune. A San Vito sopravvissero le imprese artigianali, mentre chiusero attività come le ferriere, la filanda, il lievitificio. Gli anni del Dopoguerra rappresentarono però per San Vito una felice stagione in campo culturale. Basti pensare a nomi come Federico De Rocco, Augusto Culos, Luigi Zuccheri, Italo Michieli, Virgilio Tramontin nella arti figurative e Pier Paolo Pasolini nella letteratura.

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Gli ultimi decenni e San Vito oggi
Dalla seconda metà degli anni ’70 il saldo negativo demografico e stato compensato da quello migratorio in entrata, con un costante aumento della popolazione, che ha registrato un forte ricambio, raggiungendo i 12711 abitanti nel 1997. La Zona industriale Ponterosso, sorta nel 1969 dopo un decennio di difficile avvio e di crisi di varie aziende insediate, ha accolto un numero crescente di attività produttive sia industriali che artigianali, superando nel 1999 le 2200 unità. Le attività, molto avanzate, vanno dalla meccanica di precisione all’industria alimentare, dalla componentistica alla lavorazione del vetro. L’edilizia ha ricevuto un notevole impulso, con una espansione delle aree abitate. Nel centro storico sono state attivate opere di ristrutturazione come Palazzo Altan, Palazzo Rota e il complesso dei Battuti.